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Per non ritrovarsi. Cinque saggi su Cesare Pavese

"Per esprimere la vita, non solo bisogna rinunciare a molte cose, ma avere il coraggio di tacere questa rinuncia" Cesare Pavese Il mestiere di vivereIl 9 Settembre 1908 Cesare Pavese nasce a Santo Stefano Belbo sulla basse Langhe, in provincia di Cuneo.Le origini di Pavese saranno presenti già nelle poesie giovanili o nei primi racconti (Le langhe)"O colli dove nacqui sempre v'avrò nel cuore/distesi alla gran luce del meriggio d'estate/silenziosi coperti i larghi fianchi dei boschi(...)".Appunta poi Pavese in Il mestiere di vivere 11 Ottobre 1935: " Che tutte le mie immagini non siano altro che uno sfaccettamento ingegnoso dell'immagine fondamentale: quale il mio paese tal io?(...)" E proprio dalla memoria del ritorno come de La luna e il falò, Jacqueline Spaccini inizia il suo viaggio critico e personale nel mondo pavesiano."C'è una ragione per cui sono tornato in questo paese, qui, e non invece a Canelli, a Barbaresco o in Alba(...)ho girato abbastanza il mondo (...) ma per questo uno si stanca e cerca di mettere radici, di farsi terra e paese(...)". Ne La luna e il falò Pavese "farà uso di un personaggio celebre" della sua adolescenza piementose dove nei ritorni estivi a Santo Stefano, Vittoria Scaglione figlia di un falegname introdurrà il bambino nella bottega del padre. Il più piccolo dei suoi fratelli , Pinolo, sarà il Nuto di questo ultimo romanzo, finito di scrivere nel Novembre del 1949. La memoria ritrovata in cui Jacqueline Spaccini compara il Mondo e Paese pavesiano con il Quartiere di Vasco Pratolini, dove "la pulsione di distruzione che ha condotto Pavese al suicidio" viene illuminata dall'autrice del saggio attraverso le categorie psicanalitiche freudiane nell'esatto contrario, la pulsione alla vita propria del legame "questo legame, assicurato dalla memoria, è spesso sollecitato dalla nostalgia(...). Lo ieri di Pratolini è invece l'oggi di Pavese, il ritorno che fa dire: "(...) c'era il porto, questo sì, c'erano le facce delle ragazze, c'erano i negozi e le banche, ma un canneto, un odor di fascina, un pezzo di vigna, dov'erano? Anche la storia della luna e del falò la sapevo soltanto, m'ero accorto, non sapevo più di saperla(...)". Dalla memoria ritrovata o perduta la Spaccini passa così alle poesie ripudiate o del Disamore, illuminando anche qua quelle parole che Pavese definisce soltanto sensazioni: " i miei ritratti furono quadri, non drammi(...) c'è lo spettacolo della vita in quelle pagine, non la vita. E' tutto da ricominciare". E "a dispetto dello stesso Pavese, come lui fosse un attardato impressionista (...) la breve analisi che da qui si diparte intende offrire l'eventualità di una riscoperta del linguaggio interiore ancora attuale" afferma l'autrice.Andando a volo d'uccello così, in queste liriche pavesiane quasi a dialogare con lo stesso poeta, a rin-tracciare quelle figure retoriche, quegli ossimori che poi non son tanto una poesia-gioco come da lui definita, ma forse più la sua maniera di stare solo.E la memoria ritrovata o perduta sembrerebbe essere anche quella di Clelia Oitana in Tra donne Sole, ma invero così non è, ed ecco allora l'autrice "setacciare" questo romanzo pavesiano in punta di piedi, con un grande rispetto, rispetto critico al contempo umano, di donna, che confessa avere con tutte quelle realtà letterarie e poetiche a cui lei si pone e dispone, come dire, non tanto per amore di cronaca quanto appunto di verità, e si potrebbe aggiungere di fedeltà. Così quando ripercorre il dialogo interrotto tra Calvino e Pavese e si domanda, chiedendo anche ai lettori quando lo specchio si sia spezzato: "rintracciare nel filo degli anni i motivi del distacco emotivo, politico e letterario di Calvino rispetto a Pavese (...)".Questo distacco la Spaccini lo rende in qualche modo pubblico. Si passano in rassegna conferenze e luoghi da Torino a Milano dove Calvino parlerà pubblicamente del proprio maestro, sino agli interventi dello stesso sull'opera pavesiana in giornali come il settimane l'Express o l'Europeo o come nella prefazione de Il sentiero dei nidi di ragno: "Fu Pavese il primo a parlare di tono fiabesco a mio proposito, ed io che fino ad allora non me n'ero reso conto, da quel momento lo seppi fin troppo, e cercai di confermare quella definizione(...)".Ma il distacco sembra man mano compiersi e arrivare a quel Triste solitario y final, così a Maria Corti: "che chiede quali autori abbiano avuto maggior peso nella sua formazione di scrittore, Calvino risponderà« Ippolito Nievo(...) Kafka». Anche nel ricordo, Pavese è definitivamente morto". Cinque saggi come cinque passeggiate nel mondo poetico e interiore di Cesare Pavese, scritti tra il 2002 e il 2006 e " per questo motivo diseguali nei toni" scrive l'autrice e prosegue a nota: "per tutti viene un momento nella vita cui confrontarsi con un autore(...), e Pavese sembra essere cresciuto silenziosamente e paradossalmente in quei viaggi più di natura calviniana come una Città invis

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